PRESTITO SENZA DIRITTO DI RISCATTO

Roma -

C’è un tipo di lavoratore che conosce bene la PCM. Ci lavora ogni giorno, da anni. Partecipa, produce, risolve problemi. Spesso è anche la memoria storica per chi arriva dopo di lui. L’unica cosa che gli manca? L’appartenenza.

Parliamo del personale in posizione di comando, i cosiddetti “prestiti”. Un prestito, però, senza data di restituzione.

In un sistema ragionevole, il comando dovrebbe servire a coprire esigenze straordinarie, temporanee. In PCM, invece, è diventato una soluzione strutturale, o meglio: una non-soluzione, che si rinnova senza mai affrontare il problema alla radice.

E il problema è semplice: se una persona lavora stabilmente in una struttura, ne fa parte. Almeno nel mondo reale.

Nel nostro, invece, resta formalmente “altrove”, come un gatto di Schrödinger.

Una situazione che non giova a nessuno:

  • Non giova all’Amministrazione, che si perde in burocrazie doppie.
  • Non giova ai lavoratori, sospesi in un limbo normativo e contrattuale.
  • Non giova al bilancio, che potrebbe risparmiare con un inquadramento stabile e ragionato.

Eppure, si va avanti così, con inquadramenti sporadici, senza un disegno chiaro. Il risultato? Una stratificazione di posizioni, diritti incerti, trattamenti diversi per lo stesso lavoro.

Che fare?

La soluzione è chiara: unificare i ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri e inquadrare tutto il personale in comando, come già avvenuto con la l. n. 400/1988.

Se questo non è possibile, almeno si istituisca un ruolo ad esaurimento, per dare un minimo di coerenza e dignità a una situazione che ha superato da tempo il limite del ragionevole. Non si può risolvere il problema con piccoli ritocchi, fingendo di affrontarlo senza mai davvero toccarlo.

Nel nostro documento sul personale comandato, le soluzioni ci sono. E non sono scritte a matita.

Scarica qui il Documento sul Personale Comandato.