ESPERTO IN, PERSONALE OUT
Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri esiste una figura professionale ricorrente, talvolta misteriosa e altre volte fin troppo visibile: l’Esperto. Compare quando meno te l’aspetti, arriva dall’esterno, ma riesce ad entrare ovunque. Nonostante il nome, non sempre ha esperienza, ma spesso ha accesso. E quando si insedia, qualcosa cambia: chi c’era prima diventa invisibile.
Attenzione però, non si vuole denigrare questa figura in sé. Spesso è un giovane brillante, assunto a tempo determinato, sottopagato da una grande società di consulenza e catapultato in un ufficio di cui non conosce nemmeno le dinamiche. Lo capiamo. Anzi, ci dispiace. Perché viene sfruttato per fare il lavoro di altri, con strumenti che non conosce, in un sistema che lo usa quando serve e lo dimentica quando non è più utile.
Altre volte, diciamolo chiaramente, l’esperto è semplicemente un favore. Un nome che ritorna, una consulenza che si rinnova, una mano tesa (verso l’alto). Tutto legale, certo. Ma discutibile? Decisamente sì.
Nel frattempo, il personale interno — quello con anni di esperienza, che manda avanti l’Amministrazione ogni giorno — viene spostato, ignorato e relegato a tappare i buchi. Oppure resta a guardare in silenzio, mentre qualcun altro prende il suo posto.
Questo sistema non genera competenza ma solo confusione. Non favorisce la collaborazione, ma alimenta la competizione. Non trasferisce conoscenze, ma produce frustrazione. Il vero investimento è un altro: valorizzare chi già c’è. Stabilizzare il reclutamento. Formare, aggiornare, motivare. Servono scelte strutturali, non soluzioni di facciata. Perché il vero rischio non è che l’esperto sbagli. Il vero rischio è che, un giorno, in PCM non restino più lavoratori, ma solo consulenti.
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